Nel 1942, in piena guerra, viene indetta la terza
edizione del Premio
Bergamo e Renato Guttuso si piazza al
secondo posto con la sua Crocifissione.
Si tratta di un dipinto di notevoli dimensioni affollato dai personaggi del
racconto evangelico e al quale il pittore ha lavorato per due anni. La
composizione è fuori dall’iconografia tradizionale. Si moltiplicano i punti di
vista: le tre croci sono disposte in diagonale e il viso del Cristo è nascosto
dalla croce di uno dei due ladroni, sicché possiamo solo immaginare la smorfia
del dolore sul suo volto. Il paesaggio non evoca il Golgota, ci sono degli
edifici realizzati in modo sintetico che
forse vogliono dire che si tratta di una città bombardata. In primo
piano appaiono gli strumenti del martirio. Tutto è reso con colori violenti e
crudi, con un effetto di realismo intriso di pathos.
Fra i personaggi c’è, a cavallo, il
centurione che ha in mano l’asta con in cima la spugna imbevuta di aceto, c’è
l’uomo che si gioca a dadi la tunica di Gesù, e c’è la Maddalena, nuda. È soprattutto la resa di questa figura che sarà motivo di scandalo specialmente
negli ambienti ecclesiastici meno avveduti. A Guttuso viene dato l’appellativo
di pictor diabolicus, per aver
realizzato un’opera blasfema e immorale.
L’Osservatore romano parlerà di questo
dipinto come di “un baccanale orgiastico, un oltraggio crudo e villano verso la
nostra fede”. Il vescovo di Bergamo vieterà ai fedeli la visione del quadro e
stabilirà di sospendere a divinis i
membri del clero che fossero andati a vederla. Si chiede che il dipinto venga
ritirato dalla mostra, ma la proposta non è accolta.
Passeranno gli anni e negli ambienti
cattolici avverrà un ripensamento. Monsignor De Luca dirà che nell’occasione si
era ceduto solo all’impulso a protestare e a condannare senza sforzarsi di
comprendere. Padre Turoldo scriverà che il quadro di Guttuso è “una narrazione di
natura biblica, di una Bibbia in fiamme mai finita come in grado di proiettarsi
nel futuro che è la nostra vita”.
Già alla presentazione del quadro Guttuso
non aveva nascosto le sue intenzioni: ”Questo è tempo di guerrra e di massacri.
Volevo dipingere questo supplizio del Cristo come una scena di oggi, come
simbolo di tutti coloro che subiscono
oltraggio, carcere, supplizio per le loro idee”.