Nel 1724
Benedetto XIII convoca a Roma l’architetto napoletano Filippo Raguzzini.
Quando era vescovo di Benevento aveva avuto modo di vederlo all’opera mentre
curava il restauro di alcuni palazzi, compreso quello vescovile, rovinati dal
terremoto che aveva colpito la città. A Roma gli affida i lavori di restauro di
alcune vetuste chiese. Il Raguzzini non si limita a riparare i danni ma
interviene in modo creativo ricorrendo a elementi decorativi di vario genere,
cornici di stucco, nicchie, sottili profilature.
Dimostrerà tutta la sua genialità quando gli viene affidata la costruzione
dell’Ospedale di San Gallicano. È qui che inventa qualcosa di nuovo
nell’edilizia ospedaliera: un ballatoio esterno al fabbricato sul quale gli
infermieri potevano muoversi aprendo e chiudendo le imposte senza disturbare i
malati.
Sull’onda di questo successo professionale,
Benedetto XIII gli dà un altro importante incarico. In occasione della
canonizzazione del loro fondatore i Gesuiti avevano ingrandita e resa
monumentale la chiesa di Sant’Ignazio e il papa ritiene “disdicevole che una
chiesa e una facciata così insigne resti senza il dovuto prospetto e comodità
di una piazza proporzionata”.
L’architetto studia una nuova sistemazione
con un carattere di vivacissima impronta scenografica costruendo tre palazzetti
animati da un gioco di superfici concave
e superfici convesse ma staccati l’uno dall’altro, che sono come le quinte di
una scena teatrale e hanno lo scopo di donare al passante, che sbuca nella
piazza, un punto di vista e di prospettiva a sorpresa. Le facciate sono
arricchite da balconi e ringhiere in ferro battuto. Si presentano come
costruzioni minuscole e apparentemente
fragili come fossero delle carte da gioco in mano a un fanciullo.
L’impresa era stata finanziata da due
famiglie nobili ma non per abitarvi. Sono il primo esempio di case costruite
dalla nobiltà per trarne una rendita dandole in affitto.
Tutto il complesso non piace ai romani che
chiamano questi edifici “burrò” dal nome dei bureaux, i mobili da studio con molti cassetti. Non da meno è il
mondo accademico che accusa l’architetto di aver deturpato la città con quelle
ridicole case a forma di canterani.
L'incombente voga neoclassica metterà ancor più nell’ombra questo che è,
invece, il più originale e brioso esempio di “rococò romano”.
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