I pittori muralisti messicani intendevano
tenere viva l’idea rivoluzionaria e parlare al popolo nel modo più diretto con
una pittura da realizzarsi su ampie superfici aperte a una fruizione collettiva. Il più famoso di
loro è Diego Rivera.
Nel 1921 realizza una
composizione allegorica sul tema della nascita del popolo messicano: fulgore e
decadenza degli indios, attuale
miseria dei peones. Tutto reso con
una tavolozza ricca di colori aspri e suntuosi.
L’anno dopo Rivera lascia il suo
paese e va negli Stati Uniti perché, dice, “sentivo che mi mancava
un’esperienza per poter veramente dipingere il mondo moderno in ogni suo
aspetto, mi mancava l’esperienza della civiltà meccanica, l’esperienza della
vita industriale”. Ottiene una grande affermazione con un affresco raffigurante
l’Allegoria della California nel
quale celebra i cercatori d’oro, gli ingegneri, gli operai che hanno installato
i pozzi di petrolio determinando lo sviluppo economico di quello stato.
Sull’onda di questo successo, John Davidson
Rockefeller, il più grande imprenditore di ogni tempo nel campo dell’industria
petrolifera, lo convoca a New York e gli commissiona un trittico per il
Rockefeller Center, un edificio sulla Quinta Strada destinato a essere
considerato l’emblema del capitalismo. E qui il successo del pittore messicano
negli Stati Uniti ha fine, perché durante la lavorazione del murale, nel quale
ha l’aiuto del giovane Ben Shahn, avviene un incidente di carattere politico.
Nell’affresco che aveva per tema L’uomo
al bivio in cerca di un futuro nuovo
e migliore, Rivera ha raffigurato Lenin come fondatore di uno stato
socialista capace di superare i conflitti sociali. Rockefeller ritiene
l’inserimento del ritratto del leader comunista come un insulto personale e
chiede a Rivera di cancellare dall’affresco il volto di Lenin ma il pittore si
rifiuta di farlo. Le pressioni degli azionisti del gruppo e degli organi di
stampa convincono i Rockefeller a sospendere i lavori e poi a demolire la
parete affrescata.
Rivera ritorna in patria e dipinge lo stesso
murale nel Palazzo delle Belle Arti a Città del Messico.
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