Nella notte degli Ognissanti del 1541 viene scoperto l’affresco di Michelangelo che copre la parete dietro l’altare della Cappella Sistina e rappresenta il Giudizio Universale. Nessuno dei capolavori di quell’età d’oro dell’arte italiana che sarà detta Rinascimento spaccherà in due, come in questa circostanza, le valutazioni di quanti sono ammessi a vedere l’opera. Ci fu da una parte un’ ammirazione e una esaltazione senza limiti e dall’altra un cumulo di critiche e di riserve di ordine artistico, politico ma anche religioso.
È un momento di
tormentata tensione spirituale e c’è chi propone di mandare Michelangelo sotto
il giudizio del Santo Uffizio con l’accusa di eresia. E’ indubbio che il
pittore stava dalla parte di chi auspicava una riforma della Chiesa.
Il primo detrattore del Giudizio fu Paolo
III. Fu talmente sconvolto quando vide per la prima volta l’affresco da essere
sul punto di prendere la decisione di farlo distruggere.
Fu motivo di discussione la scelta di
Michelangelo di dipingere gli angeli nudi e senza ali. Il Vasari considerava
queste figure “oltre ogni bellezza straordinarie” ma altri le trovava semplici
prove di virtuosismo anatomico, e alcuni dicevano che chi vedeva una figura di
Michelengelo le vedeva tutte.
Per quel che riguarda la valutazione
estetica, nel novero dei detrattori c’è Pietro Aretino, sostenitore a oltranza
della superiorità dei pittori veneti e, sulla stessa linea, Ludovico Dolce, il
biografo di Tiziano.
Sulla rappresentazione di alcuni
personaggi ignudi si apre la polemica e viene dato l’incarico a Daniele da
Volterra di porre rimedio alle nudità di alcune figure, cosa che egli fa con
molta moderazione dipingendo a tempera sulle parti più intime dei leggeri panni
svolazzanti.
Allo stesso pittore si dà, poi, l’incarico di
modificare la posizione, considerata ambigua, di santa Caterina d’Alessandria e
quella di san Biagio. Michelangelo aveva dipinto la santa nuda e con un seno
prorompente. Il volterrano la riveste di un abito verde e rifà completamente la
figura di san Biagio che prima appariva fissare la schiena della donna e adesso volge invece il capo in
direzione del Cristo. Abbiamo la possibilità di stabilire tutto
questo perché il pittore Marcello Venusti aveva
fatto, su commissione del cardinal Alessandro Farnese, una copia,
tuttora esistente, del Giudizio prima di ogni iniziativa censoria.
Gli
interventi vennero attuati in ossequio alle disposizioni emanate
nell’ultima sessione del Concilio di Trento che proibivano qualunque
rappresentazione che potesse avere carattere di oscenità.
Era il 1565 e Michelangelo era già
morto nel febbraio dell’anno prima.
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